344 Capitolo quinto Il racconto più drammatico è quello di Antonio ChierchÌa rastrellato, condotto al campo di concentramento di Sparanise per essere deportato in Germania, fuggito da un camion verso Cancello con un giovane compagno, ripescato dai tedeschi…
«Quando sono arrivato là so’ usciti i tedeschi dal cimitero e m’hanno acchiappato un’altra volta. Io ero convinto che ero solo, che il ragazzo se n’era andato, e invece stu ragazzo co loro.
Evidentemente stu ragazzo andando verso a ferrovia non ha avuto il coraggio di proseguire e è andato lungo o fosso ra strada,” dove i tedeschi più avanti l’avevano visto, e l’hanno riportato là dove stavo io.
Hanno legato a lui e a me vicino a un albero e hanno sparato a chillu ragazzo, sparato a quel ragazzo… io ho visto chesta funzione, ho visto o colpo che è partito e allora mi sono accasciato dalla paura, dall’impressione, insomma nun ere cchiù ie, non avevo controllo di me, non so quanto tempo so’ stato appoggiato sulle funi e poi quando mi so’ ripigliato non ero convinto si era vero o nun era vero!
Cioè se mi avevano ucciso pure a me o no… però quel ragazzo stava appeso come me… poi tutto a un tratto non so… a mano celeste, a mano Ì mio padre, a mano i mia madre… venne un tedesco che era colpito al braccio e portava na specie Ì gessatura: vviene ccà dicette, piglie o cavalle e vavattenne!
Ma primme ‘e fa chelle m’hanne saziate e palate.* Vi hanno picchiato? Picchiato a sangue! […] i palate furene assai, allora io ho pensato che nel sparare si è inceppato qualche cosa e non hanno sparato, questa è la mia versione, può darsi che è andata così…» e che et cane vestiti? Dissi; avevano un elmetto in testa con una lettera. – • paura.
E lui da sopra il cancello: Hallo! Hallo! Parlava con quelli noi, entrarono dentro, volevano sapere che ci stavamo mangiando ;!
E andi andiamocene’ E andai alla ferrovia e andammo a finire nelle schi un’altra volta!
Non potevamo pari ‘ a fosso della strada ;ni qua, disse, prendi il cavallo botte. ;ne! Ci mettemmo dentro a quel sentiero li dei tedeschi un’altra volta! Signora! In mani di fare quello mi hanno riempito Nel paese vicino, Mondragone, le cose con i tedeschi andarono ancora peggio.
La cittadina subì un bombardamento la notte tra 1’8 e il 9 settembre.
Le violenze naziste furono cosi estreme e manifeste che anche il bombardamento notturno è stato attribuito da gran parte della popolazione a un’azione germanica.
In realtà quella stessa notte i WcUington della RAF erano in zona; negli ordini che si riferiscono al D.l troviamo l’indicazione di bombardare Formia e Gaeta, ed è molto probabile che l’azione sia stata perfezionata con obiettivi secondari vicini.3″
Fu colpito il rione San Nicola, morirono 16 persone.
Due famiglie vennero distrutte. «Era l’8 settembre del ’43, alla radio era stata data notizia dell’armistizio e, quindi, convinti che la guerra fosse ormai finita, ritornanammo a dormire nelle nostre case, invece di andare a rifugiarci nei ricoveri dove normalmente ci nascondevamo per proteggerci dalle bombe.
Alle 3 di notte mia nonna paterna, Miraglia Giovannina, venne a sve-gliarci per avvertirci che stavano arrivando i cacciabombardieri.
AIlora ci alzammo e volevamo andare a nasconderei in un fosso che era stato scavato nell’orto dietro casa mia.
Facemmo solo in tempo ad uscire in giardino: mia madre, Riccardi Vincenzina, era Ìnginocchiata davanti alla mia sorellina di quattro anni, Angela, e stava cercando di vestirla.
Una bomba cadde in via Napoli proprio sulla casa di fronte la mia, dove morì il proprietario Nardella Antonio, cugino di mio padre.
Era ancora buio e non mi accorsi che una scheggia aveva colpito mia madre al volto, uccidendola.
Provai a chiamarla e, non avendo risposta, cercai di scuoterla con la mano e sentii il caldo del suo san-demmo Angela e cercammo di scappare; poco più avanti trovammo il corpo senza vita di mio fratello Giuseppe, di anni tredici, mentre nel buio sentivamo la voce di Francesco, di otto anni.
Gli gridai di scappare, ma lui mi rispose che non sentiva più le gambe.
Prese dal panico, non cercammo di aiutarlo ma riprendemmo a scappare. In strada trovammo i corpi, anch’essi senza vita, di mio padre, Nardella Salvatore, di mia nonna GiovannÌna e di mio zio, Nardella Giuseppe.
Sconvolte e piene di paura, allora, trovammo rifugio nella casa della nonna.
Intanto il fratello di mia madre, avvisato dell’accaduto, raggiungeva casa dove trovava in una pozza di sangue, ma ancora in vita, mio fra-tello Francesco.
Lo caricò su di un carretto e inutilmente cercò un medico.
Francesco morì dissanguato davanti al portane delle suore dell’attuale rione Amedeo.
Quella notte morirono 17 persone e la mia famiglia fu distrutta… quante volte ho pensato che sarebbe stato di Nina e Angela; siamo state cresciute dalle due sorelle di mia madre che ci hanno fatto da padre e da madre»” (filomena NWc/ù).
La mattina del 9 settembre Ì tedeschi occupavano i punti strategici della città.
I soldati di stanza a Mondragone resistevano, venivano accerchiati e il comandante, colonnello Ferraiolo, ucciso.
Sulla sua morte diverse sono le versioni fra i testimoni.
Carmela Ceraldl, che abitava schierato con i soldati sul mardapiede, all’intimazione della resa molti soldati fuggirono e il colonnello fu ucciso.
«I tedeschi inseguono Ì soldati. […]
Poi sono tornati indietro, e dopo una decina di minuti è passato di qua un carretto con il colonnello Ferraiolo morto, disteso sul carretto con le gambe penzoloni, cosa che mi è rimasta impressa…)
Altri sostengono che sia stato ucciso nella sede del comando per non aver voluto consegnare le armi.
Ecco la testitnonianza resa dall’allora commissario prefettizio ai carabinieri nel maggio 1945.
«Nella mattinata del 9 settembre mi recai dal colonnello Ferraiolo, coman-dante del 16° reggimento costiero di stanza a Mondragone, per chiedere un automezzo occorrente per il trasporto a Napoli dei feriti gravi della recente Incursione, avendo i tedeschi requisito tutti gli automezzi esistenti nel comune.
Il colonnello Ferraiolo nel promettermi l’automezzo mi fece comprendere che non si sarebbe piegato alla volontà tedesca e che, qualora attaccato, avrebbe reagito.
Mi allontanai dal comando ove avevo avuto il colloquio col predetto ufficiale ed appena all’uscita vidi uno schieramento di truppa tedesca da un lato e di truppa italiano dall’altro lato.
Dopo alcuni metri sentii i colpi di mitragliatrici e fui costretto a ripararmi in una casa privata.
La spara- Mondragone, è riportata nel CD Violenza A) terra e violema dal cielo • ^47 toria durò circa un quarto d’ora ed appena dopo si ebbe la notizia che l’eroico colonneBo Fcrraiolo era caduto ncU’adempimento del suo dovere di soldato colpito dalla mitraglia tedesca».
32 Per tanti anni la morte del colonnello ha rappresentato l’unlca memoria riconosciuta di Mondragone, offuscando, come avvenne in molti altri casi, i massacri che coinvolsero la popolazione civile, che sono invece ben presenti nei ricordi della gente «comune».
Il 12 settembre, in previsione di un possibile nuovo sbarco alleato, il paese fu soggetto all’evacuazione forzata.
Chi fosse stato trovato in paese sarebbe stato trattato come una spia e condannato a morte.
Fu evacuazione, con l’ordine tassativo di abbandonare le oroDrie case e non farvi ritorno, a provocare a Mondragone la maggior parte dei lutti.
La gente sfollò verso l’interno, Roccamonfina, Carinola, Teano, Fal-ciano…
Ma molti tornavano per cercare cibo nelle case di campagna abbandonate, o per salvare qualche cosa..
Alcuni poi non avevano proprio obbedito, per difendere la casa, gli averi, gli animali…
E quando incappavano in soldati tedeschi, numerosi nella zona, rischiavano.
La versione raccolta dai carabinieri nel 1945 conferma quest’ipo-tesi. «Il giorno 12 settembre cominciò lo sfollamento coattivo della popolazione, intimando ad essa di portare pochi indumenti personali.
Nei giorni seguenti continuò il sistematico saccheggio delle abitazioni civili e rurali, la razzia del bestiame e l’asportazione di tutte le provviste alimentari del comune.
La deportazione di uomini si rese sempre più feroce.
I poveretti che, per diverse ragioni non erano riusciti ad allontanarsi da Mondragone, venivano ricercati e quelli che cercavano di scappare venivano uccisi. Infatti al rientro della popolazione sono stati rinvenuti in località San Sebastiano di Mondragone le seguenti persone [segue il nome di 10 persone], in località San Biagio il cadavere di 10 persone di cui 3 ignoti [segue il nome delle persone riconosciute], nella località Pineta Vecchia altri a cadaveri ignoti, in località sria Taglialatela 6 cadaveri di ignoti, in località Cementara Ì cadaveri di 17 persone di cui 2 ignoti.
Infine in località Cimitero, agro di Mondragone, i cadaveri di altri 4 uomini.
È evidente che Ì suddetti ” Tribunale militare territoriale di Napoli,Senter alla stazione del carabinieri di Mondragone il zo ma già commissario ptefettizio della cittadii rientravano in paese perché spinti dalla fame alla ricerca di viveri per la loro famiglia e venivano catturati e fucilati dalle truppe tedesche».
33 I racconti dei testimoni aggiungono al caso molti importanti particolati.
«Quando so’ venuto qui a Mondragone dissero: non credere che a guerra aita fatte sule vuie che stavate in guerra, ca è stata la guerra, anche a Mondragone.
Siccome che Mondragone ha dovuto scappare, perché?
Perché c’era il mare, allora temevano uno sbarco americano i tedeschi, capito?
Allora hanno preso i mondragonesi: via, via, dovete scappare!
Tant’è vero che mia moglie è fuggita, mia moglie con un figlio che avevo lasciato qua, di otto giorni.
E dove si andarono s rifugiare?
A Falciano, Falciano, Casanova, là si andava e quindi Mondragone è rimasto vuoto, diciamo così, non c’era nessuno e chelli povere gente che hanno pigliato Ì tedeschi li hanno portati là, l’hanno fatte fa nu fosse a loro stessi e li hanno mitragliati.
Senta, ma perché li hanno uccisi?
Lei che cosa sa?
Perché li hanno uccisi?
La guerra è una pazzia della mente umana, solo l’uomo pazzo può formare la guerra, perché?
Ma… hanno detto quello che non si doveva fare, secondo me che que-sto… adesso non Io so, fesserie non ne voglio dire, ma sono cose anche fuori programma, perché quando fanno le guerre c’è una regola inter-nazionale e quindi a plglià questa gente civile, donne, uomini e bambini e ammazzarli questa è da feroce, questa è una cosa sovrumana, specialmente i minorenni, come ho detto che c’era anche un nipote mio.
Dunque questa è gente che girava, gironzolava e Ìevene a piglià o pane, andavano in cerca della mamma – come ho detto qua – invece come li pigliavano e li hanno ammazzati, questa è la cosa più sacrilega dell’infemo, hai capito?
Pecché è tutta gente che non apparteneva alla guerra, tutte donne, bambini, vecchi e minorenni, non erano soldati che stavano a combattere, li pigliavano prigionieri pecché puteve accirere ie a tè, no!
Tutta gente sbandata, Ripeto, che Mondragone era stata sgombrata per ragioni del mare che potevano sbarcare gli americani e i tedeschi hanno fatto andar via i mondragonesi e quindi che c’era ccà?
C’erano i tedeschi, che le case spogliavano, facevano chelle che vulevene loro, si prendevano degli animali, si prendevano delle mucche, si prendevano tutto quello che c’era, spogliavano le case, lale di Napoli, Scr Violenza da terra e violenza dal cielo addirittura.
Senta, ma che cosa le ha raccontato questa sua parente… i parenti di questa… di questo ragazzo ucciso… Eh, le ripeto, era sbandato, le famiglie non si controllavano più, perché i tedeschi: no,dovetè uscire, dovete uscire!
Allora non s’incontravano più, non poteva dire: mo aspetto a questo, mo aspetto a mia madre, aspetto a mia sorella.
No, tutti sbandati!
Seguitati dai tedeschi e armati pure per la strada, perché non c che l’hanno ammazzato soltanto là, hanno ammazzato anche quelli che trovavano per la strada, dovete tener conto anche di questo.
Quando loro hanno svuotato Mondragone… – dovete andar via da Mondragonc – tutti quelli che trovavano li «mmazzavano, anche in mezzo alla strada, là alla massa, diciamo così, hanno fatto questo, ma gli altri li ammazzavano in mezzo alla strada» (Saivatore Coronella). ;
Quelli che hanno rimasto a Mondragone, non hanno voluto sfol-lare, ci hanno rimesso la pelle.
Ci sta qualcheduno che non ha voluto abbandonare l’abitazione, perché le cose sue, naturalmente uno lascia la casa tutta piena… c’è stato un mio parente che la casa non l’ha voluta lasciare.
Alla famiglia ha detto: voi andate via, io sto qua e do un’occhiata alla casa. Invece è stato fatale. – Ci ha rimesso la pelle. -Lui è andato a fare due passi qua al corso Umberto, i tedeschi l’hanno preso e l’hanno ammazzato.
Proprio al corso Umberto. Macera, Macera Epifanio» (Giuseppe Macera e Filomena Taslialatela.
Epifanio Macera era un cugino di primo grado, lo spararono a tra-dimento, alla nuca.
Abitava a treciento metri da qua e pensate un poco: era appena sposato, aveva la moglie incinta e ancora non s’era sfollato.
Andava dal farmacista, la farmacia era chiusa, i tedeschi l’achiapparono, a tradimento, di spalle, gli spararono un colpo alla nuca.
Così? Così.
Ma il motivo che loro adducevano cos’era?
Che non era evacuato?
Niente, perché ci accusavano di traditori… senza preamboli…
AI di fuori di questi 19 della fossa comune ne hanno ucciso a Mondragone quasi una ventina» (Emilio Pagliaro).
(Tennero un coraggio fortissimo a rimanere in paese, perché rimasero in pochi…
Poi ne hanno trovati di morti parecchi in campagna…
Il generale Strozzi non l’hanno trovato morto in campagna in un fosso?
Insomma un pachino di difesa penso ci sia stato da parte di qualche mondragonese un pachino più vivo, un pachino più risentito, anche come idea di difesa senza sapere che poi c’era la rappresaglia» (Com,eii Cemkl,}.
II 23 settembre fu ucciso Achille Leone, U 9 ottobre Giuseppe Fe-derico, il io ottobre Pietro Epifanio Macera, Salvatore Toscano, Antonio e Domenico Vigliotti, il 15 ottobre Salvatore Palmieri.
Negli ultimi dieci giorni di ottobre la violenza andò crescendo, vennero uccise 31 persone in diverse località.
Fra di loro alcuni soldati sbanda-ti ritnasti ignoti. I loro corpi turono in alcuni casi ritrovati a distanza di mesi.
4 contadini morirono a località Fosso Riccio in data impreci-sata. Il 21 ottobre in località Corsole 7 uomini, che stavano racco-gliendo pomodori per portarli alle famiglie sfollate, ver a scavarsi la fossa e uccisi.
Il 25 ottobre in località Macello fui dati trovarono la morte in località Pineta Vecchia, c tra il 23 e U altri 7 Ìn località masseria Taglialatela, 4 contadini trovarono la il 28 Ottobre vicino al cimitero, fra di loro un ragazzino di undici anni che non volle staccarsi dal padre.
Quello stesso giorno, in una cava in località Cementata, vi fu un massacro. I corpi vennero trovati soltanto dopo alcuni mesi. 19 giovani che da FalcÌano, dove erano sfollati, si erano avventurati in territorio di Mondragone per passare le linee e andare incontro agli alleati, vennero intercettati da soldati tedeschi, imprigionati e poi uccisi.
Lo racconta oggi la sorella di una delle vittime. IÀ FalcÌano sti ragazzi stavano sempre nascosti.
C’era un tavolo e sotto c’era un coso che scendeva giù in cantina, avevano fatto questo rifugio.
Allora noi quando i tedeschi andavano via, allora noi spo-stavamo il tavolo, aprivamo quella cosa che c’era sopra piano piano salivano sopra, ma quando venivano sopra non si cono-scevano, perché erano proprio sfiniti, gli mancava pure l’aria, poi quando ievene i tedeschi mettevamo il tappeto, chiudevamo e mette-vamo il tavolo attorno.
E c’avevamo quasi na ventina di giovani e giovanissime, sposate e no, che dormivano stanza, una stanza un trenta metri quadri, na cosa del genere. Tutte buttate pci terra, chi da qua, chi da là.
Alla sera iti cornuti dei tcde-schi sai che facevano? Bevevano poi si mettevano i mit andavano alle case dove stavano le persone, no? sempre cercando gli uomini.
Allora quando arrivavano là ste ragazze avevai vamo paura, perché era na cosa da aver paura, quelli sempre co quei cosi sempre in mano che ti volevano ammazza. E allora avevano l’i dine, però, che le donne non le dovevano toccare, che se toccavano le Violenza da tena e violenza dal cieio jyi donne, loro lo sapevano, I ammazzavano, questo è l ordine che c ave-vano. Mo per spaventare la popolazione, loro co sti mitra entravano dentro di notte, a mezzanotte, l’una, non c’era orario, e allora anda-vano mano mano da tutte ste ragazze che dormivano per terra, chi aprivano la gola qua, chi le levavano gli aneUi, la catenina, le spoglia-vano completamente, però non le toccavano! Figurati! Leva a cate-nina, leva gli orecchini… mo gli uomini stavano tutti sotto, loro sen-tivano quello che succedeva sopra, si ribellavano perché quelle erano igazze che poi erano fidanzate, paesane insomma, di Mondragone.
Stavamo a Falciano venne uno di Mondragone.
Anne arrivate l’a-mericane! Anne arrivate l’americane! Sri ragazzi non li potevcme mantené più.
Io mi ricordo mia madre con mio fratello che lui voleva venì a Mondragone.
Si fece da le chiavi da mia madre. Mia madre che stat’a ffà ccà?
Nun i puterene mantené.” Allora che fecero stÌ ragazzi, tutti quanti, s’avviarono per la strada, perché poi tra Falciano e Mondragone c’è la strada di campagna, che magari loro si immagi-so quante persone, pecché c’erano due figli di zi Liberatrice, nu figlio de Miscione, mio fratello… e allora se volettene anda pe’ forza, ceste-vene pure le donne che stavano con noi nella casa; zÌ Mariuccia Mezzi, a mugliere di Nicola, ce stevene tutte chisticcà.
Mo quando so’andati per questa strada che accorciavano, allora hanno incontrato i tedeschi, però erano £etntnine e uotnini.
Li hanno portati ncoppe… a località Starza, ci sono delle grotte romane, vicino al cimitero quasi… là c’era una salita, allora presero donne e uoniinÌ e nun se sapeva che volevano Poi queste donne so’ venute, tornate, ci hanno raccontato loro, perché noi non ci stavamo… ci hanno raccontato che hanno detto, hanno parlato tra loro, dice: le donne mandale via e gli uomini lasciali, Allora ste donne se ne sono tornate a FalcÌano e gli uomini… si faceva notte e sti uomini non venivano e allora steve mio padre che era vec-chio… vecchio, insomma, aveva già fatto una guerra, sapeva ste cose arrivati, che state a fare qua? Non li :i. – No,
Capitolo quinta come potevano andare, dice: mo, sai che faccio?
Chille Ì tedeschi di notte dormono, piano piano voglio vedere suppergiù se sento qualche cosa.
E invece non riuscì perché c’erano i soldati, perché sti ragazzi li hanno presi e l’hanno portati dentro a sta grotta, che ancora oggi esiste e là dentro d mettevano la sera i pecorai, allora, le pecore.
Ci hanno portato sti ragazzi. Mo sti ragazzi passava un giorno e non tor-navano, passava un altro giorno.
Qualcuno passava davanti alla grotta, dice: che fanno questi?
Non ci dicono niente, dice, c’ammazzano o ci portano via? E ce venettene a dicere sti cose a noi, dice: noi l’abbiamo visti i ragazzi, stanno disperati pecché dice che non mangiano e non si sa che vanne fa.
E noi stavamo come le pecore, perché chi s’andava a ribcUà co queUi?
O dovevi… faccia a faccia ne ammazzavi uno, loro per tre giorni… noi… posso racconta quello che abbiamo saputo dopo, perché c’erano un paio di casolar! vicino, che gli uomini stavano nasco-iti sopra Ì granai.
Loro al buio da lì dentro dice che hanno visto sti tedeschi coi mitri che hanno portato questi ragazzi dentro a questa cementara, questa cava. E 11 c’era anticamente una fossa che ci squa-gliavano a calce per fabbricare proprio la calce che bolliva, poi venne abbandonata e sti fuosse erano rimasti aperti, però questi fossi non bastavano per tutti quanti i ragazzi, che loro H volevano nascondere, no? E gli hanno fatto scavare le fosse. Questa persona che ha visto ha parlato con le mamme e davanti all’autorità che loro hanno fatto scava altri fossi. Dice che quando l’anne messi di fronte sti ragazzi, sti ragazzi minimamente al principio avevano capito che li volevano ammazzare, si credevano che li facevano lavorare là sotto, quando poi hanno visto che li hanno messi tutti in fila sti ragazzi, e coi mitra… dice che ci stavano i più piccoli, perché ce sta lu fìglie de MiscÌone, chelle puteve ave dodici, tredici, quattordici anni… e allora dice che cadevano per terra, cadevano, magari svenivano, perché avevano paura fltnmazzavano, loro vedevano tutto da là sopra, ma non pote-vano reagire, ci voleva un cannone, magari buttava via tutti quanti! E allora così ci hanno raccontato, dice che loro andavano vicino, che dovevano stare in piedi, coi fucili li facevano alzare, allora quando mio fratello, altri, hanno visto così, hanno buttato le chiavi, dice; questi La nun sape manche ca stamme ccà abbasce. Capi? E loro dopo hanno visto anche questo, che prendevano sti ra-gazzi cne ancora si tótnentavano, ancora piangevano percJ’ié coi niitn Vmlenza violenza dai i chi cascava, chi faceva.. . non li piglkvano proprio a morte tutti quanti, aUora non erano proprio morti tutti quanti, perché quando li pigUa-e a sinistra, a destra e a sinistra, e allora loro, quelli che non erano morti, perché poi di terra sopra ce ne hanno messa ben poco, quel poco che avevano radunato, li mettevano na volta la testa da qua e na volta la testa da là, per farceli entrare tutti… poi dopo che li abbiamo trovati, mia madre che è andata là, abbiamo trovato Ì proiettili ancora dentro al fosso, perché i ragazzi non erano morti, l’hanno finiti di uccidere 11 dentro. Gli hanno levato l’oro, perché gli aneUi, le cose non ibbiamo trovato niente. Dopo hanno messo un pò di terra sopra pc nun da subito nell’occhio… Non si è saputo subito perché quest’uomo che ha visto sta tragedia diceva che… perché noi tutti quanti lo ab-biamo rimproverato: ma comme? Tu sapevi un fatto del genere e tè ne sei stato… Dice: se io andavo prima dalla polizia o al municipio qua veniva il fìnimondo.., Che è successo? Allora pioveva pioveva pio-veva, quel poco di terra s’a accumendate a senta” addosso ai ragazzi e hanno incominciato a uscì le punte delle scarpe da fuori, mo i cani incoininciavano a senti 12 puzza e coininctflvàno a andare là sotto e hanno incominciato a scavare. Quando quello che ha visto la tragedia andare all’autorità, che poi hanno messo a scavare e hanno tirato (uori. Quando levavano la terra i ragazzi erano ancora un po’ freschi, diciamo, chi conosceva la testa, che il figlio aveva i capelli ricci, chi conosceva le scarpe, chi conosceva la camicia, allora tira tu, tira lei,,, figuratevi che noi na gamba, un piede di mio fratello manche piglienne a terra cosi, Io abbiamo potuto trovare, perché si vede che l’hanno biamo conosciuto perché? Perché il toracc con la giacca di lana si è appiccicata addosso e il pezzo è rimasto dentro, allora quando papa ha preso il corpo del figlio a testa è cascata, perché a testa è a prima che va via, no? Però il corpo ha conosciuto a giacca, ha conosciuto tutto quello che aveva il figlio addosso, però il piede non l’abbianio trovato, abbiamo fatto tanti cassettinie l’abbiamo portati al cimitero. […] Mio padre ha cunusdute il figlio, ognune cunusceve. Perché ognuno che mancava a figUo o U marito che è successo? So’ andati, no? E aUora U • h.1t Capitolo quinto i. Anche vostra madre e andata? C( ! Mai >apà, le sorelle, i fratelli, tutti. La mattina che lui prima andava via s’è preso il fazzoletto, s’è preso le chiavi, tutto abbiamo trovato addosso, le chiavi le ha buttate all’ultimo momento, quando ha visto che non c’era niente da fare…» {GiuseppÌfia T&glmlstela), Fu una rappresaglia per l’uccisione di un tedesco? Fu la pena infìitta per la trasgressione all’ordine di evacuazione, per essersi Ì giovani inol-trati nella prima linea finendo tra le truppe in ritirata? «Non si è mai capito, non si è mai capito bene perché fucilarono questi 15… 14 mondragonesi qui sotto a montagna e poi fecero saltare un po’ di montagna e H fecero atterrare, Alle volte uno li paragona alle Fosse Aidcatinc, perché prima li fucilarono e poi fecero saltare la montagna sopra, non si è mai saputo il perché,si vociferava che ave-vano ammazzato uno dei tedeschi qua, che volevano violentare una donna e il padre di questa donna pare che ammazzò questo tedesco e loro fecero questo per rappresaglia ecco, si diceva. Però se debbo es. sere onesto neanche non… questo ci dice il perché, perché,,. anzi, lo racconta diverso questa…» {Luigi Caterina}. Si narra che tre sorelle avessero ucciso uno o più soldati che ave-vano tentato di violentarle. «Lui ‘mbriache è andato su che voleva ste ragazze, quelle so’ state brave, che hanno fatto? Non l’hanno fatto uscì dalla camera, lo hanno ammazzato! SI! Lo hanno ammazzato e lo hanno buttato giù al pozzo. Queste ragazze se mettevane paura che loro andavano sopra, che vole-vano servirsi di loro. Dice: questi prima si servono e poi ci ammazzano pure. Hanno provveduto. Quando so’ andati su volevano fare quello che dicevano, lo hanno anirnazzato. Avevano una trattoria, allora que-sta aveva tre o quattro figlie femmine. Allora queste dice: questi ven-gono una volta e fanne cheste, vengane n’ata vota e fanno chest ate, nui simme guaglione, simme ragazze, chiste mo venene ncoppa… S’embriachettene abbasce a mangia? Po’ cu tutt’u fucile e cose saliro-no le scale che volevano anda da ste ragazze, ste ragazze che erano mezze… erano un po’ manesche, più forti… guappe.., Dice: chiste mo venene ‘ncoppa e c’accirene!” Quando so’ entrati dentro non I hanno ‘ questi vengono una volta e fanno questo, vengono un’altra volta e fanno quest altro, siamo ragazze, questi oca vengono sopra… Si ubriacarono sotto a mangiarri Poi con tutto i] fucile e le altre cose salirono le scale che volevano andare da queste ragazze, queste ragazze che erano mez-2c… erano un po’ manesche, più forti… gaappe,,. Dice: questi ora vengono sopra e ci uccidono! VioSetiza da terrs e vwknw dal cieto }yg fatti uscire più tutti e tre o quattro. Lo hanno ammazzato e l’hanno buttato giù a un pozzo che non c’era l’acqua, però dopo sai i tedeschi com’erano? Lo hanno trovato lo stesso e allora poi misero la legge che tono, dicci civiU! E li llmmtzmrono dieci civili dopo? Eh li ammazzaro-uno, però questa è la legge che misero…» (Gtuseppina Taglialateia). Gli episodi sono confusi, si affastellano in una cronologia incerta. E difficile legarli insieme e trovare i nessi casuali. Emerge comunque con grande chiarezza l’immagine di un territorio su cui le truppe di occupazione esefcitano un doniinio violento, coinpiono atti di arro-ganza di ogni specie, si impossessano dei beni primaria uccidono e, a differenza di uno stereotipo tenace che dipinge i tedeschi come vio-lenti ma rispettosi dell’onore femminile, violano anche il corpo delle donne. Due casi emergono dalla documentazione del Tribunale militare. Il 14 ottobre una giovane di diciannove anni era tornata in paese da Casanova dove era sfoUata con la famiglia, per prendere delle provvi-sca che andava rovistando nelle abitazioni» con la scusa di portarla a cucinare.
Vennero condotte in un fabbricato dove due soldati cerca-rono di violentarle, Ne nacque un corpo a corpo, uno dei due sparò un colpo di rivolteUa, nella confusione le ragazze riuscirono a raggiungere la finestra e a buttarsi giù per strada. Pur ferite, continuarono a cor-rere e a nascondersÌ.M La stessa fortuna non ebbe invece E. R. di ven- 22 ottobre 1943, verso le ore 18, ini trovavo in cotnpagnia di un centinaio di persone, nascosta in un cortile di proprietà di tale Cam-pamle Bernardina, sito in via San Francesco di Mondragone, si mani-festa tra tutti i nascosti un certo panico siccome alcuni soldati tede-scU avevano bussato aUa porta del cortUe c volevano entrare. Quasi rie del cortile, ma io e le altre sei donne non si fece in tempo tanto vero che entrarono i tedeschi dopo aver forzato la porta. Erano 4 sol-dati tedeschi, Ì quali si limitarono a condurmi con sé con violenza e col Jjl? Capitolo quinto pretesto che sarei occorsa loro per sbucciare le patate. Le altre sei donne le lasciarono. Mi condussero nella abbandonata trattoria dì Pacifico Eduardo sita in via Marco mentre uno dei 4 tedeschi rimai fuori, gli altri 3 mi fecero salire al primo piano della trattoria ove violenza e minaccia di morte, mi gettarono a terra e mi sedussei nonostante la mia viva opposizione e le grida. Due mi ridussero al-l impotenza ed uno mi sedusse, dandosi il cambio avvicenda fino a che tutti e tre sfogarono la loro libidine. Verso le ore 19 dello stesso giorno saU allo stesso primo piano della trattoria il quarto tedesco rii fuori a guardia, U quale, senza muoversi, mi fece indossare U cappotto e mi fece uscire lasciandomi libera. Mi riportai al luogo ove ero st rilevata e dove trovai mio padre U quale mi disse che si era recato trattoria per liberarmi, ma che era stato respinto con un colpo di pistola andato a vuoto. Provo ancora ribrezzo contro i miei seduttori. la cui razza odierò per tutta la vita, ormai per me finita». In queUa brevissima frase finale tutta la disperazione e l’allusione alle conseguenze di un simile atto sul suo futuro.” GÌuseppina Gallo narra invece la storia di una fuga riuscita. «M’anne ite , ste- veme tre, cu tre guagliune pure, nu frate ro mie, fraterne cugine n’ate. ca u canusceve appone, creme sei perzune, ce venettene a piglià ncopp a montagna e ce scennettene abbasce. So’ stata na nuttata.. vene l’uommene, poi e nun o sacce proprie. Po’ a sere venettene, e i< steve Ila, arrevarene a sere, a notte, ere buie,. . arreverene Ila e ce met tetteme a terre assettate tutte quante, uommene, femmene, po’ l’uom-cristiane ‘e cinquant’anne e se mettette a fa lu guardiano a nuie… Ce mettetteme ‘nterre assettate tutte quante e nisciune rurmeve, addò irà a durmì? ‘Nterre? E accussÌ… o Ìuorne appriesse… quanne venette a sera o marescialle ce iette truvanne a nuie femmene, era sempe tede-sche… Rice; aasettatcve, vulimme sap( do paese… isse stesse, commc dicevo issc, ma chi u capeva! E caccettc cicrtl attrezzature che se met-teve ‘nfaccie… chllli cose sporche, ie n’aggia viste mai chilli cose Uà, lice: nix papa, nix niammà. Gomme accuminciaie a dicere cheste, Ìe ale di Napoli, Ser luogo a procedere del Violenza da terw e violenza dal deh 357 m’accumenciaie a ‘mpressionà, ricette vicine a chella guagliona: nui ce diciette: ie me ne vache, ve ne venite o no? Faccette na ricina ‘e metre, chelle piglie e me chiammerene, dice; aspettace arrete a Caselle ra Invece ‘e venì esse, venette u tedesche, cu nu fucile mitragliatore, dice: Aittt’a vuti. ie camminave annanze e chme arete • me e iereme Ila addò steveme… me purtette Uà e chelli dui guaglione nun ce stevene cchiù! DicÌette: chelle femmene addò stanno? Aggia rimaste ccà e nun cc Stanne! Se n’evcne iute! le sola ce rummaniette, m’assettiette Uà, chille se n’Ìette e ie steve quasi pure sempe sola, ,, verso e quatte a sera venette nu camion cu grasse, u grasse i l’animale, s’eva taglia a piezze pe’ fa ‘nzogna…»”! tedeschi avevano con loro due italiani che misero a tagliare il grasso. Questi dissero alla ragazza di aiutarli. Si misero a ta-gliare, mentre il tedesco mangiava, GÌuseppina pensava sempre a come scappare. «le riche; aggia al a fa nu poche d’acqua fore, aggia a l ccà affare e po’ ritorne. Me ne lette fore e chille nun me chiammarene… chelle a casa steve ccà \fa segno, in alto}, e sette proprie, quatte o cin. che metre, ce steva a via ca passavo pe’ Sarracine. lette Uà me guardai alla mire? In terra? E cosi… il giorno dopc ?a luii ma chi lo capiva! E tirò fi istiano di cinquant-anrti c i.) mise a fare il guar-inte e nessuno dormiva, dove dovevamo dor- ho 😮 quelle là, dice: nix papa, nix addosso… quelle ì.Cc i, dice: aspettaci dietro a Caselle della in fretta adesso! Invece di venire loco, parlare… che dovevo dire? •tri, quelle pigliano e Fossa,.. una piccola masseria in campagna… c dissi: venite in fi il tedesco, con un fucile mitragliatore, dice: andiamo! li Non ci voglio venire? Dovetti tornare indietro, io camminavo davanti e lui dieti andammo là dove stavamo… mi portò là e quelle due ragazze non c’erano più! Dissi: quelle donne dove stanno? Le ho lasciate aua e non ci sono! Se ne erano andate! Io sola rimasi, ini sedet-col grasso, il grasso di animale, si doveva tagliare a pezzi per fare la sugna. jlj5 Cftpitoh quinto tuorne tuorne e nun ce steve niscmne, po’ scenmette proprie nueze a me ne lette e ariviette a Fosse… proprie dint’a vigna mia… addeven-tiette cchiù padrona, a paura me passette completamente… po’ cagnai poste pecché aveve paure de chille, m’avessene acchiappà…»” chiarezza le dinamiche dell’occupazione e in cui più elevata è la con-sapevolezza delle persone, scevra di qualsiasi elemento retorico: eva-cuazione forzata, deportazioni, razzie degli uomini, razzie del bestiame, tutto è eseguito sempre con estrema violenza ed estrema ostentazione della forza, Chi occupa un territorio nemico vuole fare capire che è il depositarlo dei destini della gente, è padrone delk vita e della morte delle persone. «Quanne fui na sera i tedeschi si pigliarono tutti gli animali. Noi qua aUora ogni casa aveva il maiale, l’asino… ci Ì purtaiene appriesse pecché addò i rimanereme?” Quanne fui na sera si pigliano gli animale, prima l’asino, poi il maiale. Allora li ammazzano, li ammazzarono… noi li guardavamo soltanto, perché non sapevamo che era successo a guerra, chi era passato? E allora quando è stato così, a sera dovevano portarci fuori, loro dicevano queste parole, questo lo ricordo perché mi sono rimaste dentro la testa: che dovevamo andare al GariglÌano, da lì dovevamo scendere dalla montagna, dovevamo andare a Casa-nova, che poi da Casanova ci portavano direttamente al Garigliano. Allora ce purtavene annante accussì, gli animale ce l’accerettene… e ue«tun.., tutte mamme mi bambini piccoli in braccie… la sera quanne fui verso le dieci c’accumcnciaicnc a appiccià tutte che se truvaiene sopra a chesta muntagna addò steveme sfollate Allora e pagliare bruciavene e noi con le creature ‘mbi ‘ Io dico: devo andare a fare un poco di acqua fuori, devo andare qua fi deveme a montagne e andaveme a Casanova.,.” perché loro dovevano portarci tutti giù al Garigliano. Loro lo dicevano chiaramente: il Gari-gliano, bom, bom! Tutti là, doveveme muri, Ìnsomma! Mo le mamme, io avevo Luigino, queste mamme che tenevano i creature cchiù piccole allora pigliavene le creature, no? e ce le vuttavene ‘mbracce. Dice; ad-do amm’a ì^ Piove, tutti sti bambini che vogliono mangiare! Piange-vano. E loro dicevano: Garigliano, Garigliano! Ettenec a mettere gli :hi ite- rassetti, coperte… Prima di arrivare a Casanova cominciò… tanto che pioveva, tanto che pioveva… e sti tedeschi… ancora coi fucili, no? d spingevano che duveveme cammina, pecché nun vuleveme andare avanti. Dice: sta a piovere, tutte ste anime innocenti, che facciamo? Allora uscì da Casanova un prete, un prete che voleva far fermare, diceva vicino a sti tedeschi: abbiate pazienza, abbiate un po’ di carità, tutti sti bambini piccoli piangono, vogliono mangiare, piove, come non si convincevano, niente! CariglianO) Gariglia-no! E allora sto prete s’arapette a tunica e s’inginocchiò davanti a sti tedeschi. Che spettacolo! Dice: guardate, io vi do la parola mia stasera, se voi tacete ferma ste persone, le mettiamo sotto i portoni, in modo che non prendono la pioggia per Ì bambini, lo domani mattina vi do per il dsrigliflno. Q^^sti non volevano assoluta tnente. Dice: allora fate una cosa, domani mattina se noi non stiamo qua, il primo che ammazzate dovete ammazza a me, disse sto prete, e poi tutti gli altri. Chissà chiste comme facette, pensette caccose, dice: già erano verso le dieci, fino a domani mattina ce e ripigliamme e e purtamme. No? Ci fecero entrare dentro a un portane e lì poi tutti ammucchiati per terra, non vi dico quelle che succereve. Allora pure ci stava qualcuno che aveva già fatto la guerra, i vecchi, dice: chiste ce portane al Gariglia-no, là ci buttano giù, scarrubane tutte cose, e c’acdrene.” Quanne fui «l, gl braccio… la sera quando fu verso le dieci cominciarono a bruciare sopra a questa montagna dove eravamo sfollati noi. Allora i paglia! bru-braccio e cose scendevamo la montagna e andavamo a Casanova. io avevo Luigi no, queste mamnie che avevano le creature più piccole allora no? e ce le buttavano in braccio. Dice; ma dove dobbiamo andare? al Garigliano, là d buttano giù, dutruggono tutte le cose e ci uccidoi }lio Capitolo ywnto la marina, verso le tre e mezzo, le quattro, sentimmo una sparatoria, nù-tragHe erano, pecché po’ allora manco ce pensaveme a ste cose, man-che sapeveme comme erene… dei fuochi troppo stretti, diciamo, allora noi acconcÌatÌ sotto gli animali, sott’a chillu portane, sotto aUe mucche, verso le tre, le quattro, dopo questa sparatoria non sentimmo più nulla, un silenzio di tomba, proprio un silenzio. E aUora noi stavamo là, si fece giorno e non uscivamo da dentro a questa casa. Ecco che viene il prete, viene a bussa il portane, dicette: usciamo fuori, qua non c’è più nessuno! Erano spariti, erano scappati loro, perché era proprio il momento che stavano a arriva gli americani» (Gtuseppma Taglialatela). I soldati armati con gli cimi in testa, il mitra puntato contrastano con la gente inerme. Non si può discutere con loro. Parlano una lin-gua che non si capisce e mettono in atto regole e leggi che non si pos-sono discutere. Non si contmUa nuUa, non si può dialogare. Non si parla la stessa lingua in senso letterate e in senso morale, II sacerdote è l’unico che prova a dialogare usando il linguaggio religioso, la simbo-logia sacra: l’abito talare, la genuflessione per impetrare la grazia… La religione appare come l’ultima speranza e Ì sacerdoti come gl: tentare di difendere la gente. camminano incalzati dai soldati con il mitra. E poi carretti, piccoli in braccio, fagottÌ in testa. I ricordi riemergono come immagini vivide da un mondo ora Ìnimmaginabile. Sembra la rappresentazione di un film, di un incubo che viene dal passato. Chi lo ha vissuto lo guarda con stupore. «Tutte chelli povere gente ca se verene pc’ televisione cu chelli pac-che ‘ncape, pure nuie c’avitnme passate, noi ci abbiamo passato…»” (Filomena Tagliartela). Capua: « tanne nun ce steve ne ciele a vere ne terra. Capua compare anch’essa fra gli obiettivi di primaria importanza. La città, con una popolazione di circa 12 ooo abitanti, era cruciale dal punto di vista strategico per la presenza dell’aerodiomo, la fabbrica di Violenza da tona e violenza dal cìeh y6i munizioni, il pirotecnico. Non meno importanti i ponti sul Volturno I primi bombardamenti arrivarono in luglio e in agosto. Il 20 ago-sto 1943 furono colpiti lo spolettifìcio e la ferrovia, dove scoppiavano e i feriti. Poi il 9 settembre, aU’indomani dell’armisrizio, quando nes-suno se lo aspettava, vi fu la distruzione della città con centinaia di vittime. Nel piano di operazioni per il D-Day Capua era, come abbia-mo visto, tra i bersagli principali, ma gli abitanti non lo immagina-vano, pensavano di avere ormai scampato il pericolo. Quando gli aerei americani si profilarono nel ciclo, molti stavano ancora festeggiando arniistizio; nuinerosì erano tornati dalle campagne dove erano sfolla-ti, pensando che la guerra fosse finita. Qualcuno racconta che l ragazzi salutavano entusiasti gli aerei che di lì a poco avrebbero sganciato le bombe. «Quel bombardamento per noi di Capua fu una tragedia, perché non si aspettava, infatti molta gente si era riversata per le strade o era ritornata a Capua. Il 9 tornò a Capua mio cugino con la sorella, ormai mento di Capua a via Roma» (Vittorio Sortini). «Nu belle mumente, bell’e buone ascette st’armistizio. le cu e fìglie ‘e zi Cuncetta e chelle ‘e Fusche steveme a mettere i cipolle, chelli cipolle piccerelle, ca se mettevene… tant’è ca veretteme passa st’ap-parecchie. Ma nuie sapeveme ca avevene fatte l’amnistia! Chelle era proprio o primo giorno! E nuieguardaveme… po’bu bu bu bue mena-rene sti bombe. E tanne cugliettere a Capua, bumbardarene Capua p’i ponte. E mamma e zi Cuncetta erene venute a piglià u pane a Capua. E nui chiagnevcme, chiagnevcmc…»- Waria Rendim). Maria Rendina rimase senza casa aUora. Il marito, invece, che nel bombardamento si trovava addirittura sul ponte del Volturno e «a capriole» riuscì a correre nel ricovero del castello, ebbe la madre gra-s Un bei momento bell’c buono uscì l’armistizio. Io con le figlie di zia Concetta e queUe di vedemmo passare questi apparecchi. Ma noi sapevamo che avevano fatto l’ainnutia [atmistizio]! Quello era proprio il primo giorno! E noi guardavamo… poi bu bu bu bu e gettarono queste bombe. E allora colpirono Capua, bombardarono Capua per i ponti. E mamma e zia Concetta venute a prendere il pane a Capua. E noi piangevamo, piangevamo.., 16 AFHRA, micromm B 3710-1329, Middle East Intetpretation Unit, Photographic Inter. pretation Report n. 2854, 17 maggio 1945, Summary of Target Intelligence, 25 maggio 1943.
TESTO RINVENUTO E FORNITO DA AVV.GIOVANNI ROMANO
gromano@icbox.it

Scritto da:

Vincenzo Ceraldi

Avvocato cassazionista blogger da oltre un ventennio innamorato della sua terra e della sua famiglia che lo corrisponde! Amministratore comunale dal 2003 al 2008.